LA STORIA
L'esistenza di questa chiesa è testimoniata dal 1618. Per quasi tutto il 1600 fu l'unica chiesa del paese. Nel 1690, oltre l'altare maggiore, aveva due altari donati dai devoti e le sue entrate erano pochissime.
Tre anni dopo, è scritto, questa chiesa era priva di arredi sacri e minacciava rovina; i due altari laterali (del Rosario e di Sant'Antonio Abate) non ricevevano offerte e vi si celebrava solo una volta al mese.
I redditi della chiesa erano scarsi: poche offerte sotto forma di decime e due case da affittare. Il comune era tenuto a corrispondere alla chiesa un censo annuale: non solo non lo pagava più da ben sedici anni ma aveva pure venduto le vacche della chiesa.
Il vescovo Michele Petirri dovette costringere il comune ad assegnare alla chiesa un censo annuo di quindici scudi. Inoltre
lo. stesso vescovo stette a Montecilfone ben quindici giorni, per costringere la popolazione a restaurare il fianco destro della
chiesa; se non avesse fatto così, la chiesa «al certo a questo punto sarebbe una macerie di sassi ».
Nel 1732 la chiesa risulta fornita di sufficienti arredi sacri e viene tenuta con la quarta parte delle decime dei raccolti ('"'').
Nel 1753 la chiesa doveva essere, come un tempo quella di Campomarino, « assai difforme, e mal tenuta a tre navi di opera
greca »
Infatti in tale anno era crollata la volta della navata centrale, perchè i pilastri che la reggevano non erano perfettamente a
piombo. Era difficile restaurare la chiesa, perchè i suoi redditi erano assai male amministrati.
L'anno seguente il vescovo Giannelli proponeva di vendere le vacche della chiesa, per poterla restaurare.
Nel 1755 il popolo pensò di rifare la vecchia chiesa, sempre in pericolo di cadere.
Fu abbattuta e venne ricostruita fino alla base della volta.
Il vescovo, sempre pratico, si diede da fare per esigere il denaro dai debitori della chiesa .
Nuovamente la chiesa minacciò rovina e fu abbattuta nella prima metà del secolo scorso; « le cose Sagre van disperse per le Case de' privati».
Finalmente nel 1861 la chiesa veniva riaperta al Culto ("").
È probabile che fosse ricostruita con notevole fedeltà alla forma dell'antica chiesa greca, perchè, ancora nel 1913, il Lam-
hertz vi trovava un resto dell'antica iconostasi.
Altri restauri si fecero nel 1933, all'inizio dell'arcipretura di don Guido Vallivero; durante questi lavori andò distrutto quel
che restava della vecchia iconostasi e anche molte immagini dipinte e scolpite, alle quali il popolo era molto affezionato.
L’edificio sacro è rimasto chiuso al culto dal 1968 al 1975.
Il nuovo parroco, Don Franco Pezzotta, per quattro anni ha dovuto adattarsi per le celebrazioni nel fondaco
Graziani in Piazza Skanderbeg; con coraggio e pazienza si è impegnato per il restauro, con modifiche interne
secondo le nuove esigenze liturgiche del Concilio Vaticano II, attraverso le oblazioni volontarie e la generosità
della comunità parrocchiale e dagli Albanesi emigrati in Paesi europei ed extraeuropei.
Altri interventi conservativi e di miglioramento del presbiterio sono stati realizzati nel 1990.
CHIESE SCOMPARSE
Nel 1690 viene nominata per la prima volta in un documento la chiesa di San Rocco; doveva esistere da tempo, perchè in tale anno era chiusa al culto, per il fatto che le sue rendite erano state mal amministrate in passato.' Era costruita fuori delle mura.
Nel 1693 le rendite di questa chiesa affluivano ancora scarse, perchè vi si celebrava solo una volta al mese (""").
Nel 1753 monsignor Giannelli visitava questa chiesa: notava che era mal tenuta e che le sue rendite erano mal amministrate ad opera di procuratori poco fedeli (""). L'anno dopo, lo stesso vescovo trovava la chiesa « squallida, ac desolata »; eppure in essa si conservava provvisoriamente l'Eucaristia, perchè la chiesa madre era in riparazione (-"').
Molte altre volte questa chiesetta sostituì la parrocchiale pericolante ("").
La chiesa di San Rocco fu abbattuta alla fine del secolo scorso, perchè minacciava rovina. La piazza che sorse al suo posto è ancora chiamata Piazza San Rocco; anche il quartiere che la circonda ha questo nome.
Verso la metà del 1700 esistevano a Montecilfone altre due cappelle, delle quali il popolo ha perduto pure il ricordo.
Nel 1753 v'era la cappella di Sant'Antonio di Padova; i suoi beni erano stati amministrati così male che le spese superavano le entrate.
V'era pure nel paese la cappella della Madonna del Rosario, che non aveva rendite stabili ma riceveva molte offerte dai fedeli. Alla fine del 1700 risultava ricca di ori e argenti, che poi furono sequestrati dal re Ferdinando IV di Borbone, per le necessità della guerra contro gli invasori francesi (^'*)
(Cfr. GLI ALBANESI DI MONTECILFONE - Giorgio Matteo Di Lena 1972)