Montecilfone nel mondo
GJAKU SHPRIHUR
MONTECILFONE NEL MONDO
L'EMIGRAZIONE
L'Italia è stata interessata al fenomeno dell'emigrazione soprattutto nei secoli XIX e XX. Dai porti del mediterraneo partirono molte navi con migliaia di italiani diretti in America per l'economia più favorevole.
Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 interessò prevalentemente le regioni settentrionali, con tre regioni che fornirono da sole circa il 47% dell'intero contingente migratorio: il Veneto (17,9%), il Friuli-Venezia Giulia (16,1%) ed il Piemonte (13,5%)[2].
Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali, con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania, Molise, Abruzzo,Puglia e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia.
Si può distinguere l'emigrazione italiana in due grandi periodi: quello della grande emigrazione tra la fine del XIX secolo e gli anni trenta del XX secolo (dove fu preponderante l'emigrazione americana) e quello dell'emigrazione europea, che ha avuto inizio a partire dagli anni cinquanta.
La grande emigrazione ha avuto come punto d'origine la diffusa povertà di vaste aree dell'Italia e la voglia di riscatto d'intere fasce della popolazione, la cui partenza significò per lo Stato e la società italiana un forte alleggerimento della "pressione demografica": infatti in media ogni famiglia aveva ben dieci o più figli. Essa ebbe come destinazioni soprattutto l'America del Sud ed il Nord America (in particolare Stati Uniti,Argentina e Brasile, paesi con grandi estensioni di terre non sfruttate e necessità di mano d'opera) e, in Europa, la Francia. Ebbe modalità e forme diverse a seconda dei paesi di destinazione.
A partire dalla fine del XIX secolo vi fu anche una consistente emigrazione verso l'Africa, che riguardò principalmente l'Egitto, la Tunisia ed il Marocco, ma che nel secolo XX interessò pure l'Unione Sudafricana e le colonie italiane della Libia e dell'Eritrea.[7]
In Argentina e negli Stati Uniti si caratterizzò prevalentemente come un'emigrazione di lungo periodo, spesso priva di progetti concreti di ritorno in Italia, mentre in Brasile ed Uruguay fu sia stabile che temporanea.
I periodi interessati dal movimento migratorio vanno dal 1876 al 1915 e dal 1920 al 1929 circa. Sebbene il fenomeno fosse già presente fin dai primi anni dell'Unità d'Italia, è nel 1876 che viene effettuata la prima statistica sull'emigrazione a cura della Direzione Generali di Statistica.
Si stima che solo nel primo periodo partirono circa 14 milioni di persone (con una punta massima nel 1913 di oltre 870.000 partenze), a fronte di una popolazione italiana che nel 1900 giungeva a circa 33 milioni e mezzo di persone.
Molti piccoli paesi (in particolare quelli a tradizione contadina) si spopolarono.
Dall’Italia ci si imbarcava quasi sempre dal porto di Napoli insieme ad altri paesani.
Qui, mentre le navi lasciavano il molo, si sentiva l’eco delle struggenti canzoni come S. Lucia luntane e Partono i
bastimenti…
Con i pochi bagagli al seguito: qualche fardello legato con lo spago, una valigia di fibre e di cartone ed il passaporto appena rilasciato dalle autorità competenti.
La destinazione a bordo della nave era quasi sempre quella della terza classe, dove ricevevano in consegna: due gamelle, un bidoncino per il vino, un sacchetto per il pane e 10 fasce per materassi. Brodo, farinate di ceci, maiale in gelatina e zuppe era il menù della terza classe; per gli aristocratici della prima classe raffinati menù venivano preparati giornalmente dagli chef di bordo. Il costo del biglietto variava tra le 100 e le 150 lire.
Ce lo ricorda anche la canzone: “….mamma mia dammi cento lire che in America voglio andare”